sabato 9 novembre 2013

Formia: il Centro Silvana Mangano informa sulle violenze intrafamiliari. E il sindaco promette: una casa sequestrata alle mafie per le vittime da proteggere




Di Viviana Pizzi

Un’occasione per raccogliere testimonianze e per capire come  avvengono gli episodi violenti all’interno della famiglia. E’ stata questo e anche altro la “Giornata di sensibilizzazione contro la violenza intrafamiliare” voluta dal Centro antiviolenza e anti mobbing familiare “Silvana Mangano” sezione di Formia. Un evento patrocinato e fortemente voluto anche dal Comune della provincia di Latina guidato dal sindaco e neuropsichiatra infantile Sandro Bartolomeo. Impossibile da realizzare senza la collaborazione della polizia di stato.
Perché gli agenti sono stati così importanti. Perché la loro missione in questi ultimi dodici mesi è andata oltre il normale dovere di servizio. Il Centro Silvana Mangano, che ospita e cura donne e anche uomini vittime di violenza intrafamiliare, si è trovato negli ultimi dodici mesi senza sede. La Caritas infatti, che li ospitava prima, da un giorno all’altro ha tolto la disponibilità dei locali. Per le donne in cura, per gli psicologi capeggiati dalla psicoterapeuta Dina Aceto, sembrava la fine. Un altro progetto che rischiava di morire. Però così non è stato. E tutto grazie all’ispettore capo del Commissariato di Formia Gennaro Perrone e al sovrintendente Capo Commissariato Amodio Cecere. E’ stata loro l’idea di spostare i locali del centro antiviolenza in un luogo protetto del commissariato. E grazie alla loro tenacia i superiori hanno accolto la loro proposta e hanno permesso al Centro Antiviolenza Silvana Mangano di continuare a esistere coltivando i sogni della presidente Veronica De Laurentiis. Che, lo ha ripetuto anche oggi, continua a coltivare l’idea di aprire un centro antiviolenza intitolato a sua madre in ogni città d’Italia. Ce la farà? Il percorso sarà certamente difficile. Ma se in tutta Italia esistessero angeli come i poliziotti di Formia il mondo sarebbe molto migliore.
Importante per il Centro antiviolenza Silvana Mangano anche l’appoggio del sindaco Sandro Bartolomeo. Come dicevamo in alto ha appoggiato e messo a disposizione la sala Ribaud del Comune per la manifestazione. Il Piddino che dopo 5 anni di assenza è tornato alla guida di Formia dal maggio 2013 ha fatto un annuncio dalla doppia valenza.
 Una delle case sequestrate alla malavita organizzata- ha sottolineato durante il suo intervento da neuropsichiatra – sarà donata al Centro Silvana Mangano per utilizzarla come rifugio protetto”. In primis riconosce la gravità del problema della violenza sulle donne tra le mura domestiche. In secundis evidenzia anche che la malavita organizzata esiste nel basso Lazio. Un segno di discontinuità con il suo predecessore Michele Forte, che ha denunciato invece Carmine Schiavone per aver dichiarato cose che coinvolgevano anche il suo territorio.
Fin qui il lato prettamente organizzativo venuto fuori durante la giornata di sensibilizzazione alla quale hanno partecipato anche alcune scuole del comune laziale. Però è proprio su questo che  la dottoressa Aceto pone l’accento: “Alcune insegnanti hanno detto no perché testimonianze dirette sulla violenza sulle donne erano da considerare scabrose. Ma cosa c’è di più scabroso delle immagini che tv e pubblicità ci pongono davanti ogni giorno?”.
Durante la giornata di studi è stato spiegato come fanno tutti i giorni gli operatori dei centri antiviolenza a capire quando essa si manifesta. Oltre alla dottoressa Dina Aceto anche il primo cittadino in veste di neuropsichiatra infantile ci ha spiegato come la violenza possa avere origine già nell’età infantile.
Il 20% dei bambini- ha sottolineato- soffre di disturbi post traumatici da stress. Che deriva soprattutto dai maltrattamenti che subisce il genitore dominante ossia la madre”. Importante per questi ultimi è la cosiddetta resilienza. Che è quel processo mentale che permette a ogni vittima di cercare di sopravvivere e trovare il positivo anche nelle questioni negative.
La dottoressa Aceto ha aggiunto che la donna deve reagire e che se vuole lo può fare. Uscire dalla spirale della violenza è anche necessario per salvaguardare la psicologia dei propri figli. Perché prima si esce e si inizia il percorso di recupero e meno danni i bambini ne ricaveranno.
Questa teoria non vuole affatto colpevolizzare la donna. Che resta la vittima di quello che accade. Ma punta sul fatto che la vittima debba reagire. Perché più tardi lo fa e più “aiuta in senso psicologico” l’uomo a continuare a restare quello che è.
Il presidente del consiglio comunale e medico di pronto soccorso  Maurizio Tallerini ci ha invece sottolineato come il medico deve reagire quando una donna vittima si presenta al pronto soccorso. “Il medico deve essere innanzitutto accogliente- ha sottolineato- non deve giudicare quanto accaduto ma deve porre la vittima in condizioni di poter parlare. Chi subisce violenza deve essere trattata immediatamente in una struttura protetta. Non deve parcheggiare nelle corsie del pronto soccorso. Ma essere accolto in un ambiente protetto”. Per questo motivo è in corso di approvazione l’istituzione di un codice rosa. Da aggiungere a quelli tradizionali ma da applicare alle vittime di violenza. Soprattutto a quelle che si recano in pronto soccorso da sole, senza l’accompagnamento né del 113 né del 118. “Sono queste- ha evidenziato – le donne che più negano tutto”.
I due poliziotti Gennaro Perrone e Antonio Cecere oltre a spiegare la questione del centro antiviolenza hanno anche spiegato le modalità per sporgere denunce e querele e il primo intervento in  commissariato per le donne colpite da violenza.
Anche qui è necessaria l’accoglienza più totale ma soprattutto la protezione. Mettendo la vittima in modo da poter testimoniare l’accaduto in ambiente protetto.  Con la denuncia del 113 è invece possibile in tempo reale, monitorando la zona da cui si chiede aiuto, sapere prima di intervenire, se la situazione è grave o meno.
Infine gli avvocati. Rossella Grassi ha affrontato la tematica della famiglia nella Costituzione Italiana. Ripercorrendo tutti gli anni 70. Da quando nel 1975 la violenza sessuale diventa un reato contro la persona fino alle conquiste delle leggi sul divorzio e sull’aborto.
Critiche positive al decreto sul femminicidio dal collega Pasquale Gabriele. Bene l’irrevocabilità della denuncia e altrettanto bene la possibilità per la vittima di conoscere l’iter della sua denuncia per stalking.  Cosa accadeva durante il convegno? Che la pittrice Alma Aceto  realizzava con la sua tecnica un dipinto che raffigurava le donne vittime di violenza. Le immagini più forti sono arrivare durante le testimonianze dirette di Paola Colleoni  pittrice e fondatrice dell’associazione “La Carrucola” di Bergamo e di Veronica De Laurentiis. Questa però è un’altra storia e ve la racconteremo da parte.

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