giovedì 31 ottobre 2013

AMNISTIA E INDULTO: . SCONTI A GO GO PER FEMMICIDI E STUPRI, PAROLA DI MANCONI E COMPAGNA







Di Viviana Pizzi 


In tanti parlano di amnistia e indulto. Ormai non si fa altro che dividersi tra favorevoli e contrari. Sappiamo bene però che per la sua concessione c’è bisogno o dei due terzi del parlamento che votino il disegno di legge presentato. Oppure di un decreto del Presidente della Repubblica.  
Il Capo dello Stato sostiene che forse sia necessario per migliorare la situazione nelle carceri italiane. Ora ne abbiamo tra le mani uno. Presentato il 15 marzo, il primo giorno della diciassettesima legislatura, da Luigi Compagna del gruppo Gal Luigi Compagna, lo stesso che ha chiesto di dimezzare la pena per il delitto di concorso esterno in associazione mafiosa  e dal senatore del Pd sardo Luigi Manconi, noto anche per essere il marito della giornalista Bianca Berlinguer.
L’AMNISTIA E LE DONNE
Se passasse il loro disegno di legge per le donne sarebbe la fine. Soprattutto per quelle che subiscono uno stupro. Per quanto riguarda l’amnistia siamo coperte. Perché non verrà concessa a chi ha riportato condanne superiori ai quattro anni. La maggior parte dei reati di stupro resterebbero quindi tra quelli puniti perché l’articolo 609 del codice penale prevede pene tra i 5 e i 14 anni per chi commette reati di violenza sessuale. Nonostante il rito abbreviato può far scendere le pene al di sotto dei 4 anni se si tratta di condanne fino a sei anni per effetto dello sconto di un terzo della pena, le violenze sessuali  non sono oggetto di amnistia.
L’INDULTO E LE DONNE
Non è la stessa cosa per l’indulto di cui beneficeranno invece i condannati per reati contro le donne.  E’ infatti concesso indulto nella misura non superiore a quattro anni per le pene detentive e non superiore ad euro 10.329,13 per le pene pecuniarie, sole o congiunte alle pene detentive. Tutto questo vuol dire che tutte le persone condannate potranno usufruire di uno sconto di quattro anni di reclusione anche su pene di 30.
 È concesso indulto, per intero, per le pene accessorie temporanee, conseguenti a condanne per le quali è applicato, anche solo in parte, l'indulto.
Ora andiamo a vedere quali sono i reati che non dovrebbero beneficiare dell’indulto:
 i condannati per il 285 (devastazione, saccheggio e strage); 416-bis (associazioni di tipo mafioso anche straniere); 422 (strage); 630, primo, secondo e terzo comma (sequestro di persona a scopo di estorsione);  644 (usura); 648-bis (riciclaggio), limitatamente all'ipotesi che la sostituzione riguardi denaro, beni o altre utilità provenienti dal delitto di sequestro di persona a scopo di estorsione o dai delitti concernenti la produzione o il traffico di sostanze stupefacenti o psicotrope; per i delitti previsti dai seguenti articoli del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309: 73 (produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope), ove applicate le circostanze aggravanti specifiche di cui all'articolo 80;  74 (associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope).

E’ chiaro che i reati contro le donne sono compresi tra quelli indultabili. Il più grave, l’omicidio (e quindi il femminicidio) sarà soggetto a sconto di pena. Se la condanna è a 30 anni automaticamente la pena da scontare scende a 26. Chi deve scontare 20 anni per effetto del rito abbreviato avrebbe anche i quattro anni di indulto. E la pena scenderebbe quindi a effettivi sedici anni. Se pensiamo che a metà della pena si può usufruire di regimi carcerari come la semilibertà dopo 8 anni l’assassino è già fuori.

Anche la violenza sessuale è indultabile. Il reato prevede pene dai 5 ai 14 anni come abbiamo già detto. La pena scenderebbe a una forchetta da 1 a dieci anni di reclusione. Sappiamo bene che fino a due anni di reclusione si ha anche diritto a regimi di pena alternativi come i servizi sociali e i domiciliari. Si rischia quindi che uno stupratore condannato a sei anni di reclusione non sconti nemmeno un giorno in carcere.

Reati minori come i maltrattamenti in famiglia, disciplinati dall’articolo 572 del codice penale rischiano di non essere nemmeno puniti perché vengono puniti con una pena da uno a cinque anni di reclusione.

E lo stalking, su cui il Governo Berlusconi ci ha fatto una vera e propria campagna di sicurezza? Neanche quello è previsto tra i reati non indultabili. E le pene? Dai sei mesi ai 4 anni di reclusione. Risultato? Tuti sono liberi di perseguitare la propria vittima senza farsi un giorno di carcere.

Questi disegni di legge però vengono occultati. Nessuno pensa di farne una campagna per la sicurezza delle donne. Nessuno dice: stiamo lavorando contro il femminicidio il 15 agosto. Certo è difficile che passi vista la larga maggioranza di cui ha bisogno per passare. Ma solo aver concepito una legge del genere ci fa pensare che non siamo in un Paese per donne. E la strada per esserlo è davvero lunga.


mercoledì 30 ottobre 2013

AUTOGRILL: DUE RISTORANTI CHIUSI A PADOVA. E A PAGARE IN TERMINI DI LAVORO SONO 19 DONNE





di Viviana Pizzi


Mentre il Governo continua a tartassare i cittadini con imposte sempre più alte la crisi continua a farsi sentire anche dal punto di vista lavorativo. Una delle tante vertenze aperte riguarda il settore della ristorazione e in particolar modo la società Autogrill. Lo sciopero del 12 luglio scorso ha portato il caso a livello nazionale. Ma a Padova si continua a chiudere e licenziare. E allungare la long list di persone che restano senza lavoro aumentando in modo esponenziale il tasso di disoccupazione in Italia. Chi sono i licenziati? Tutte donne che andranno a ingrossare le fila della disoccupazione in rosa.
La questione però in realtà non è stata mai risolta. E lo dimostra il caso di Padova dove è stato chiuso il ristorante Ciao e l’attività all’interno del centro Auchan. Tutto questo porta diciannove dipendenti a finire in mobilità e senza alcuna prospettiva occupazionale.
E ancora una volta la crisi peserà sulla popolazione femminile. Una su due in Italia non lavora e in Veneto ce ne sarà una in più.  Questa è una testimonianza rilasciata sul sito ufficiale dei dipendenti di Autogrill.
Lavoro per autogrill da 23 anni, ho due bambini e il marito disoccupato, per mangiare andremo alla Caritas - racconta una delle 19 - ho un'età che non mi lascia speranze, non trovano lavoro nemmeno i ragazzi, anche le colleghe sono quasi tutte nella mia situazione. Speravamo di essere riassorbiti ma invece non c'è nessuna prospettiva di ricollocazione”.
Stessa situazione anche per altri otto dipendenti della società che fa capo alla famiglia Benetton del locale di Cittadella.
Sono 27 posti di lavoro persi, sembrano cifre piccole ma, nell'ultimo anno le realtà cittadine di Autogrill sono scomparse e la cifra totale dei licenziamenti è molto alta - commenta Marquidas Moccia, Filcams Cgil che con Cisl e Uil si sta occupando dei lavoratori - abbiamo chiesto un incontro alla società ma siamo ancora in attesa della convocazione”.
Chi sono le dipendenti del centro Giotto? Innanzitutto sono tutte donne. Hanno un’età media di 45-50 anni e difficilmente ricollocabili nel mercato del lavoro. Il licenziamento per loro significa perdere l’unica entrata possibile in famiglia.
IL GOVERNO E LA REGIONE TACCIONO: L’IDV CHIEDE L’IMPEGNO DEL MINISTRO ZANONATO
Finora la politica ha fatto orecchie da mercante. Tutti ma non l’Idv di Ignazio Messina che si schiera al fianco delle lavoratrici padovane.
La chiusura dei due ristoranti padovani Autogrill, con il licenziamento di 40 dipendenti, ci preoccupa molto – ha sottolineato il segretario nazionale - coinvolgeremo il ministro Zanonato, ex sindaco di Padova, perché convochi un tavolo di confronto per cercare di risolvere il problema e salvare questi posti di lavoro. È l’impegno che io e Antonino Pipitone vogliamo prenderci in merito ai 40 licenziamenti previsti da Autogrill per i dipendenti dei punti di ristorazione Ciao, della Fiera e del Centro Giotto, a Padova. Viste le vaste dimensioni del gruppo Benetton (che controlla Autogrill), pensiamo che ricollocare i lavoratori dei due locali padovani, nelle aziende della holding, sia possibile. Anche se stupisce che Autogrill mentre licenzia a Padova, abbia assunto nuovi dipendenti per un bar-ristorante-fast food che ha aperto da poco alla stazione di Venezia Santa Lucia. Ci chiediamo perché togliere il lavoro ai 40 dipendenti padovani, già esperti e formati, e non trasferirli invece a Venezia, una distanza non certo proibitiva”.

E Renzi inaugura il cimitero dei Feti....



Ancora si odono gli echi della Leopolda, che il consiglio comunale di Firenze approva la famosa delibera sul cimiterino dei feti a Trespiano

La delibera è stata ripulita lessicalmente evitando di usare termini quali “prodotti abortivi e del concepimento”, che poteva trasformarsi in una bomba ideologica. La delibera è passata con 30 voti a favore, 4 contrari e 7 tra astenuti o non votanti. A favore il Pd (tranne Francesco Ricci e Claudia Livi, non votanti), Idv e gruppo Noi per Matteo Renzi, contrari Ornella De Zordo (perUnaltracitta’), Tommaso Grassi (Sel) Marco Semplici e Massimo Sabatini (lista Galli). La delibera rinvia per lo più al decreto presidenziale in vigore da più di vent’anni che regola la materia: “Ferme restando le previsioni del piano di settore cimiteriale, in riferimento alle sepolture previste di cui all’art.7 del decreto del Presidente della Repubblica del 10/9/1990 e nel rispetto dell’art.50 lett.d, è confermata la prassi consolidata e vengano previste le seguenti dimensioni per gli spazi….”
 Tommaso Grassi di Sel, uno dei pochi che hanno votato contro la delibera, spiega che“nei fatti già un’area dedicata nel cimitero. Regolamentando con una delibera le dimensioni delle fosse e le modalità della sepoltura, di fatto si istituzionalizza la questione, colpevolizzando le donne che decidono di interrompere la gravidanza”.  Ma non mancano polemiche ancora più violente se possibile: "I promotori di questa iniziativa sono da ritenersi un vero partito di morte, che assecondando assurde e vergognose battaglie contro le politiche di contraccezione e di educazione sessuale, di fatto prova a limitare la libertà della donna, anche di fronte a scelte dolorose come quelle richieste da una gravidanza non voluta. Con l’ipocrisia di richiamarsi a ‘diritti’ del ‘nascituro’, pur quando la medicina e la legge sono concordi nel negare al feto qualsiasi carattere di ‘persona’, si dimenticano dei diritti delle donne e della loro vita”.
“L’ideazione e la costruzione di un cimitero per non nati – hanno concluso -, offende le donne, nega la loro autonomia e il loro diritto alla scelta, ma soprattutto mostra un Governo cittadino incapace di realizzare politiche positive per l’infanzia e che esercita, la sua azione, nell’esclusiva realizzazione di un cimitero"
La delibera è stata presentata in aula da Stefania Saccardi, assessora ai Servizi Sociali e vicesindaca. Avvocata, cattolica,  già legale dell’Istituto Diocesano.
La  Saccardi ha letto alcune lettere di padri e madri che, avendo subito un aborto spontaneo, desideravano seppellire il loro futuro bimbo. Da questo punto di vista non è in effetti una questione ideologica, ma certo non migliora la situazione della 194, per gran parte inapplicata sul territorio nazionale, e sempre foriera di aspre polemiche.
Il primario del reparto di Ginecologia e Ostetricia dell’ospedale di Monopoli, città che già da tempo ha istituito il cimitero per feti, Ambrogio Aquilino l’ha definita “una cosa ridicola”, spiegando che “prima dei 90 giorni il prodotto abortivo non è fisicamente individuabile, ma è composto da liquido amniotico, embrione e corion”. Inoltre ha aggiunto: “Non sappiamo come comportarci con le interruzioni mediche perché in quel caso di solito le donne espellono il materiale nel water. Come facciamo a raccoglierlo”? La Asl ha annunciato controlli sulla regolarità dell’iniziativa visto che la legge prevede il seppellimento dei feti, ma non degli embrioni.
Renzi replica alle polemiche su Facebook: "Non capisco le polemiche intorno al dolore delle madri e dei padri che perdono un figlio prima della nascita. Conosco amici che hanno dovuto affrontare il lutto di sapere qualche ora prima del parto che il cuoricino del bimbo, atteso per nove mesi, non batteva più. E quelle eroiche mamme hanno partorito e abbracciato un bambino nato morto. Noi abbiamo regolamentato uno spazio per loro dentro i nostri cimiteri: lo prevede una Legge del 1990 e dal 1996 a Trespiano sono 1019 i feti sepolti cosi".

martedì 29 ottobre 2013

CIVATI, IL PD E LE DONNE: I PROBLEMI SONO IL MASCHILISMO E LA CULTURA PATRIARCALE



Di Viviana Pizzi
Un uomo che parla di questione maschile. A primo colpo questa dichiarazione potrebbe far pensare a qualcosa di becero, di assurdo maschilismo pronto  ad entrare ancora nella sfera politica. E invece no. Pippo Civati, candidato alla segreteria politica del Partito Democratico nel congresso dell’8 dicembre, pensa che il problema siano gli uomini. E la loro visione di argomenti scottanti come il femminicidio e la mancata applicazione della legge 194 sull’aborto.
DAL BLOG DI CIVATI E LA QUESTIONE MASCHILE
E’ stato accusato di aver dato troppo spazio alle argomentazioni di parte. E per questo motivo ha deciso di riaffermare il suo pensiero. Lo fa direttamente dal suo blog dicendo: Mi sono diffuso sulla questione maschile (non femminile, perché in questo Paese i problemi ce li hanno i maschi) e credo di aver fatto non bene, benissimo.
Poi ha sottolineato di non voler attaccare nessuno ma di voler mostrare il suo disaccordo con quella che è diventata la morale dominante. Che ha poco di morale e molto di dominante. Ed è così che definisce la cultura del maschilismo e l’incapacità di comprendere la cultura della differenza. La questione di genere per Civati è il primo problema da cui ripartire se si vogliono cambiare le cose. E mi sorprende che nel Pd si discuta di tutto e non delle cose (così) importanti.
LA QUESTIONE MASCHILE PUNTO PER PUNTO NEL PROGRAMMA DEL PD CIVATIANO
Civati sostiene che la formula ottocentesca “questione femminile” vada rovesciata. Ma non perché le donne non abbiano più problemi e siano diventate in tutto e per tutto uguali agli uomini. Ma perché sono gli uomini con la loro tenace “questione maschile” che producono iniquità, ingiustizie e violenze e che  rallenta lo sviluppo del Paese, che ne dimezza le potenzialità impedendo allo sguardo femminile  di applicarsi alla globalità dei problemi e di prendere parte alla formazione delle decisioni  pubbliche.
E’ grave per Civati che le cittadine di questo paese debbano porsi   in modo autodifensivo su tematiche ritenute “femminili”  dalla fecondazione assistita,  all’aborto, alla violenza e al femminicidio , questioni che invece hanno direttamente a che  vedere con la sessualità e i modelli maschili.
 CIVATI E LA FECONDAZIONE ASSISTITA
Secondo Pippo Civati la legge attuale sulla fecondazione assistita va cambiata.
Deve consentire – ha sottolineato - indagini pre-impianto sugli embrioni di coppie portatrici di malattie genetiche in conformità a  quanto sancito dalla Carta Europea dei diritti dell’uomo. Ma l’ingiustizia va in gran parte ricondotta a una concezione maschile della donna come mero contenitore di embrioni, nonché merce di scambio ideologico. Vanno inoltre adottate tutte le misure necessarie alla prevenzione  dell’infertilità maschile e femminile, in gran parte riconducibili alla ricerca tardiva dei figli a causa  di un’organizzazione maschile del lavoro che punisce le madri con dimissioni in bianco,  licenziamenti, interruzioni di carriera. Una diversa organizzazione, che tenga conto del pensiero delle donne sul lavoro, e un’autentica considerazione del valore sociale della genitorialità è il miglior presidio contro l’aumento dei casi di infertilità.
CIVATI E L’ABORTO
 Per Pippo Civati l’applicazione della legge 194 è fondamentale e ci vuole un’organizzazione migliore per la sua applicazione.
La non applicazione della legge 194 sull’interruzione di gravidanza - ha sottolineato-  e lo smantellamento dei  consultori corrispondono a logiche di carriera ospedaliera, con aumento vertiginoso  dell’obiezione di coscienza e alla salvaguardia degli interessi della sanità privata. Per il Pd è  tempo di far sentire la propria voce su questi temi per migliorare la diffusione di informazioni  sulle misure di contraccezione, anche attraverso corsi di educazione e informazione sessuale  nelle scuole, finalizzate a una condivisione della responsabilità procreativa da parte degli  uomini; di potenziare e modernizzare la proposta dei “vecchi” consultori familiari; di garantire  l’applicazione su tutto il territorio nazionale della legge 194/1978, anche stabilendo una  percentuale di personale non obiettore nelle unità ginecologiche degli ospedali pubblici.
 CIVATI E IL FEMMINICIDIO
La mentalità patriarcale e la questione maschile sono per Civati le cause principali del femminicidio. Ecco la sua ricetta per affrontare il fenomeno.
La violenza non può essere affrontata solo con provvedimenti di  ordine pubblico e di sicurezza. Il Pd deve porsi in ascolto della decennale esperienza dei centri  e delle associazioni antiviolenza, destinando adeguate risorse a queste realtà, promuovendo  interventi di sensibilizzazione nelle scuole e nelle Università, cambiando e certificando i libri di  testo che continuano a tramandare modelli rigidi e fuori tempo, sulla base dei quali alunni e  alunne formeranno le loro rispettive identità di genere e le loro relazioni; promuovendo una  formazione delle forze dell’ordine e di tutto il personale addetto; destinando parte delle risorse  all’accompagnamento e alla terapia degli stalker e dei sex offender per prevenire l’escalation  delle violenze fino al femminicidio”.
CIVATI E L’OCCUPAZIONE FEMMINILE
Occupare le donne è il primo passo per uscire dalla crisi per Civati.  
E’ alle donne che il mondo del lavoro fa pagare il prezzo della crisi, ostacolandone  l’ingresso, relegandole nei settori meno qualificati, mantenendo il gap salariale, obbligandole  alle dimissioni in bianco e a rinunciare al lavoro per motivi familiari, costringendole al ruolo di  “welfare vivente” per sopperire alla cronica e crescente carenza di servizi, sottoutilizzando le  più scolarizzate (il 56% dei laureati in Italia sono donne e l’Ocse calcola che nel 2020 saranno  il 70%), resistendo fortemente alla femminilizzazione dei board: ecco un’altra faccia  dell’irriducibile questione maschile nel nostro Paese, direttamente correlata alle sue molte arretratezze. Controprova: il trend positivo, nonostante la crisi, delle imprese create e gestite  da donne, che rispondono in modo autonomo alla chiusura del mondo del lavoro pur  trovandosi a dover superare numerosi ostacoli, come il più difficile accesso al credito  nonostante le donne siano mediamente più solvibili degli uomini”.
CIVATI IL PD E LE DONNE
Più in generale, il Pd deve assumere e fare fronte alla crisi di quella soggettività maschile,  attorno alla quale la società ha fin qui costruito il modello di sviluppo politico, sociale e culturale.  E deve in ogni modo favorire la partecipazione delle donne alla vita pubblica, non pretendendo  di inquadrarle nella rigidità delle strutture maschili, ma intendendole come portatrici di  irriducibile differenza e promotrici di quel cambio di civiltà politica di cui la nostra democrazia  affaticata ha estremo bisogno. Mai più senza le donne.